L’amore come amore del nome significa che l’umanizzazione della vita passa necessariamente attraverso l’atto simbolico della nominazione che sancisce la filiazione, ma soprattutto significa che l’amore non è mai amore generico, universale, indistinto, ma sempre e solo amore di una vita particolare, riconosciuta nei suoi dettagli più propri, inconfondibili, più intimi, amore per quel nome, per il nome proprio dell’Altro come ciò che scava una differenza assoluta nell’uniformità acefala della vita biologica. Come accade per il Padre evocato da Gesù, che conosce il numero dei capelli sulle nostre teste e che sa distinguere, come un bravo pastore, tutte le sue pecore solo apparentemente uguali.
Massimo Recalcati, Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, pag. 90. Raffaello Cortina 2015.